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SUPER AARON HADLOW…

Flexifoil presents in association with Red Bull, Chiemsee: INVENT

Aaron Hadlow in a great Andy Gordon video.
hadlow-pro.flexifoil.com

 

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CONOSCERE I VENTI

PREMESSA

Conoscere i venti è un aspetto FONDAMENTALE per chi vuole praticare il kitesurf!! Conoscere infatti il nome, la direzione e le caratteristiche di ogni tipo di veno ci permetterà di avere sempre la situazione sotto controllo (rapporto tra Divertimento/Sicurezza) e di cercare quindi le condizioni ideali (rapporto tra Mare/VENTO) per una buona uscita in kitesurf. Impariamo a conoscere dunque i venti per capire quando e dove è il caso di sfoderare la nostra tavola da kitesurfing!!

Le differenze di pressione atmosferica che si registrano tra zone diverse della superficie terrestre sono responsabili della formazione dei venti.

I venti sono masse d’aria che si spostano orizzontalmente sulla superficie terrestre, da zone di pressione maggiore verso zone di pressione minore.

Quanto più alta è la pressione tanto più pesante è l’aria: in un’area di alta pressione (anticiclonica) le masse d’aria che si trovano al centro, più dense e più pesanti, tendono a dirigersi verso la periferia; mentre in un’area di bassa pressione (ciclonica), l’aria al centro è più leggera e viene sollevata da quella più pesante delle aree vicine. Poiché le zone anticicloniche e cicloniche sono adiacenti, al suolo si verifica uno spostamento di aria dalle aree anticicloniche verso quelle cicloniche.

La forza che origina un vento è chiamata forza di gradiente ed è direttamente proporzionale al gradiente barico, cioè al rapporto tra la differenza di pressione fra due punti della Terra e la loro distanza.

I venti, come qualsiasi altro corpo che si muove liberamente su una superficie ruotante, non si spostano in linea retta, ma subiscono una deviazione, verso destra nell’emisfero boreale e verso sinistra nell’emisfero australe, dovuta alla forza di Coriolis .

Caratteri distintivi di un vento sono:

– la direzione, che è sempre quella di provenienza e viene indicata in gradi sessagesimali partendo dal Nord; sono in uso anche le denominazioni fornite dalla rosa dei venti.
– la velocità, che si esprime in km/h o in nodi (1 nodo = 1,852 km/h); si misura con uno strumento detto anemometro e viene indicata dalla scala di Beaufort, che comprende valori da 0 a 12, con velocità crescenti; la velocità di un vento dipende dal gradiente barico: maggiore è il gradiente barico, maggiore sarà la velocità del vento.

Classificazione dei venti
In base al loro regime, cioè alla presenza o meno di variazioni nella direzione in cui spirano, i venti si classificano in:

Costanti, quando spirano tutto l’anno sempre nella stessa direzione e nello stesso senso (per esempio, gli alisei);

Periodici, se periodicamente invertono il senso in cui spirano; possono essere a periodo stagionale (monsoni) o a periodo diurno (brezze);

Variabili o locali, se soffiano irregolarmente nelle zone temperate tutte le volte che si vengono a formare aree cicloniche o anticicloniche (scirocco, föhn, bora);

Irregolari o ciclonici, se sono caratterizzati da movimento vorticoso che conferisce loro una violenza distruttiva; prendono nomi diversi a seconda delle località: uragani nelle Antille e sulle coste americane dell’Atlantico, tifoni nel Mar Giallo e nelle Filippine, tornado nelle grandi pianure degli USA e dell’Australia

 

Scala Beaufort

Scala Beaufort
(velocità del vento a un’altezza standard di 10 m su un terreno piatto)
GRADO VELOCITÀ (KM/H) TIPO DI VENTO CARATTERI INDICATIVI
0 0-1 calma il fumo ascende verticalmente; il mare è uno “specchio”
1 2-5 bava di vento il vento devia il fumo; increspature dell’acqua
2 6-11 brezza leggera le foglie si muovono, una girandola ordinaria è messa in moto;onde piccole, ma evidenti
3 12-19 brezza foglie e rametti costantemente agitati, il vento dispiega le piccole bandiere; piccole onde, creste che cominciano a infrangersi
4 20-28 brezza vivace il vento solleva polvere, foglie secche, foglietti di carta, i rami sono agitati; piccole onde che divengono più lunghe
5 29-38 brezza tesa gli arbusti con foglie cominciano a oscillare; nelle acque interne si formano piccole onde con creste; onde moderate, allungate
6 39-49 vento fresco grandi rami agitati, i fili telegrafici fanno udire un sibilo; si formano marosi con creste di schiuma bianca, generalmente con spruzzi
7 50-61 vento forte alberi interi agitati, difficoltà a camminare contro vento; il mare è grosso, la schiuma comincia a essere sfilacciata in scie
8 62-74 burrasca moderata rami spezzati, camminare contro vento è impossibile; marosi di altezza media e più allungati, dalle loro creste si distaccano turbini di spruzzi
9 75-88 burrasca forte camini e tegole asportati; grosse ondate, spesse scie di schiuma e di spruzzi sollevate dal vento possono ridurre la visibilità
10 89-102 tempesta rara in terraferma; alberi sradicati, gravi danni alle abitazioni; enormi ondate con lunghe creste a pennacchio
11 103-117 fortunale si verifica raramente; gravissime devastazioni; onde enormi e alte, che talvolta possono nascondere navi di medio tonnellaggio; visibilità ridotta
12 oltre 118 uragano
(o ciclone)
sulla terraferma distruzione di edifici, manufatti ecc.; in mare l’aria piena di schiuma e di spruzzi porta a visibilità assai ridotta

LA ROSA DEI VENTI

La rosa dei venti è la rappresentazione dei punti cardinali e cioè, Nord , Est, Sud, Ovest. Le rappresentazioni più semplici hanno solo 4 punte, ma ogni quarto si può dividere a sua volta e continuando le divisioni possono arrivare fino a 128 punte. La più diffusa, quella a 8 punte, determina i punti intermedi e cioè Nord- Est, Sud- Est, Sud- Ovest e Nord- Ovest.
La rosa dei venti veniva raffigurata nelle carte al centro del Mediterraneo vicino all’isola di Malta, e ad ogni punto equivale la direzione di un vento:


– TRAMONTANA (da Nord)

La tramontana è un vento freddo proveniente da nord, particolarmente frequente in Liguria, soprattutto in inverno, dove spira con violenza, prevalentemente allo sbocco delle valli, causando repentini e considerevoli cali di temperatura. Può verificarsi a cielo sereno, oppure con cielo nuvoloso e precipitazioni quando è associata ad un sistema perturbato. Quest’ultimo caso è, appunto, quello detto di “tramontana scura” che, nella Riviera ligure, spinge giù dall’arco appenninico e alpino le perturbazioni provenienti da settentrione. Per questa ragione un proverbio ligure sentenzia: “tramuntan-na scüa, ægua següa” (“tramontana scura, pioggia sicura“). Il nome tramontana è stato erroneamente associato a “tramonto”: nonostante spiri da nord in realtà il nome deriva dalla descrizione latina “intra montes” che si riferisce al fatto che spiri dal cuore delle alpi, punto in cui si genera, quindi dal nord storicamente conosciuto dai romani.

– IL GRECALE (da Nord Est)

Il Grecale è un forte vento, freddo e secco, proveniente da Nord-Est, tipico della stagione invernale. Soffia con particolare frequenza soprattutto sulle regioni del Mediterraneo centrale e sulle regioni Adriatiche. Si chiama così perché dall’isola di Creta e dal centro del Mediterraneo, punto di riferimento della Rosa dei venti, questo vento soffia da Nord-Est in corrispondenza, appunto, della Grecia.

– LEVANTE (da Est)

Il Levante è un vento generalmente debole che spira da Est verso Ovest nel Mediterraneo occidentale. Il vento si origina nel centro del Mediterraneo al largo delle Isole Baleari e soffia verso Ovest per raggiungere la sua massima intensità attraverso lo Stretto di Gibilterra. La sua influenza è sentita fino in Italia sul Tirreno e sulla parte centro-meridionale dell’Adriatico. È un vento fresco e umido, portatore di nebbia e precipitazioni, riconosciuto come causa di particolari formazioni nuvolose sopra la Baia e la Rocca di Gibilterra, dove può dare provocare mare agitato e Trombe marine. Il vento può manifestarsi in qualunque periodo dell’anno, ma ricorre comunemente fra luglio e ottobre. D’inverno, il Levante è spesso accompagnato da piogge forti. Il nome del vento deriva da levante inteso come Est, il punto cardinale da cui ha origine.

– LO SCIROCCO (da Sud Est)

Lo scirocco è un vento caldo proveniente da Sud-Est che proviene dal Sahara e da altre regioni del nord Africa. Nasce da masse d’aria tropicali calde e secche trascinate verso nord da aree di bassa pressione in movimento verso est sopra il Mar Mediterraneo. L’aria calda e secca si mischia con quella umida del movimento ciclonico presente sul mare ed il movimento in senso orario spinge questa massa d’aria sulle coste delle regioni del sud Europa. Lo scirocco secca l’aria ed alza la polvere sulle coste del Nord Africa, tempeste sul mediterraneo e tempo freddo ed umido sull’Europa. Il vento soffia per un tempo variabile da mezza giornata a molti giorni. Molte persone attribuiscono a questo vento effetti negativi sulla salute per via del caldo e della polvere portata dalle coste dell’Africa e della discesa della temperatura in Europa. Questi venti soffiano più di frequente, con velocità fino a 100 Km/h, in primavera ed autunno raggiungendo un massimo nei mesi di marzo e novembre. Lo stesso vento assume il nome di jugo in Croazia e ghibli in Libia. Lo scirocco che giunge sulle coste francesi contiene più umidità ed assume il nome di Marin.

– MEZZOGIORNO – OSTRO (da Sud)
E’ un vento meridionale debolissimo che ha un azione scarsamente sentita nei mari italiani.

– IL LIBECCIO (da Sud Ovest)

Il libeccio è un vento di Mezzogiorno o Ponente (spira daSud Ovest), anche detto Africo o Garbino. Vi sono più ipotesi sul nome: la più diffusa, è che derivi dal fatto che nell’isola di Creta, presa come punto di riferimento per la denominazione dei venti, il Libeccio spira dalla Libia (antico nome del continente africano). L’altra, accreditata presso i linguisti, è che derivi dall’arabo lebeg. Il nome Garbino è utilizzato nell’area orientale dell’Emilia Romagna e nel nord delle Marche. In Friuli, nella Venezia Giulia, in altre aree delle Marche e in Dalmazia è chiamato Garbin.

– PONENTE (da Ovest)

Il Ponente, anche detto Zefiro o Espero è un vento del Mar Mediterraneo che spira da Ovest. È il vento caratteristico delle perturbazioni atlantiche che attraversano il mediterraneo da ovest verso est. I suoi effetti sono sentiti soprattutto sul Mar Tirreno e sul Mare Adriatico centro-meridionale. Il Ponente è un vento fresco tipico dei pomeriggi estivi; così come il Libeccio può essere portatore di maltempo.

– IL MAESTRALE ( da Nord Ovest )
Il maestrale è un vento generalmente freddo e secco che spira da Nord-Ovest, tipico della stagione invernale, che soffia con particolare frequenza soprattutto in Sardegna e nella Valle del Rodano, in Francia. Si chiama così perché dall’isola di Creta, punto di riferimento della Rosa dei Venti, questo vento soffia da Nord-Ovest in corrispondenza di Roma, soprannominata nell’antichità “magister” (o “magistra”).


COME IMPARE IL KITESURFING

Il Kitesurf è uno sport adrenalinico, divertente e non troppo difficile da imparare: se lo si fa nel modo giusto!!

Il consiglio migliore che ci sentiamo di dare a chi vuole avvicinarsi a questo sport è di rivolgersi ad una scuola specializzata e certificata per frequentare un corso di kitesurf.

Dobbiamo sapere da subito che il Kitesurf è uno sport che può diventare rischioso se non si conoscono e non si rispettano alcune regole che vengono trasmesse agli allievi dalla durante le prime lezioni del  corso.

Il kitesurf  è uno sport che si può apprende in poco tempo, ma occorre conoscere bene le “dinamiche” e quindi studiare le tecniche, conoscerne i regolamenti, fare pratica ed esperienza sotto la supervisione di tecnici ed istruttori ben esperti.

Questi sono alcuni dei presupposti per acquisire padronanza della disciplina, migliorando giorno dopo giorno in sicurezza e con estrema facilità e sicurezza!!

Soltanto in questo modo si può diventare in poco tempo dei veri Kiter.

Presso la nostra Associazione potrete effettuare una prova gratuita di kitesurf  e quindi deciderein seguito se proseguire il vostro percorso di apprendimento con la nostra scuola di kitesurf

In questo link trovi tutte le  INFO CORSI KITESURF … Buona lettura!

 

 

ONDE E MAREE

IL MOTO ONDOSO

Il moto ondoso è dovuto all’azione dei venti sulla superficie del mare. Tanto più lungo sarà il tratto sul quale soffia il vento ( Fetch ), tanto più grandi, veloci e potenti saranno le onde. Quindi è chiaro il motivo per cui negli oceani il movimento ondoso è più ponente e le onde mediamente più alte.

Se gettiamo un sasso in una pozza, noteremo che le onde si propagheranno in tutte le direzioni fino ad esaurirsi sul primo ostacolo che incontreranno ( in questo caso sulla riva ). E’ importante ricordare che se faremo galleggiare un qualcosa sull’acqua, vedremo che l’eventuale oggetto preso in esame non si sposterà in orizzontale, ma soltanto in verticale.

Ma per quale motivo esse cominciano a frangere?

In un’onda è possibile distinguere vari elementi: la cresta e il cavo, ossia la parte più rilevata e la parte più depressa, rispettivamente, in rapporto alla superficie orizzontale; l’altezza, ciò la distanza secondo la verticale tra la cresta e il cavo; la lunghezza, ossia la distanza orizzontale tra due creste o due cavi successivi. Molto importanti sono pure la velocità di propagazione (lo spazio percorso nell’unità di tempo dalla cresta), il periodo (intervallo di tempo compreso fra due passaggi consecutivi di una cresta nello stesso punto) ed infine la direzione ( orizzonte da cui l’onda sembra provenire).

In mare aperto, dove non si risente l’influenza dei fondali, le particelle d’acqua sollecitate dalla forza del vento descrivono orbite circolari le quali si esauriscono a mano a mano che si procede verso il basso; alla fine di ogni loro movimento esse si ritrovano nella medesima posizione di partenza, ossia non c’è trasporto d’acqua.

In prossimità delle coste, quando lo spessore della massa d’acqua diventa inferiore alla metà della lunghezza d’onda, le orbite circolari di superficie si deformano progressivamente con la profondità, diventano ellittiche e sempre più schiacciate, fino a che vicino al fondo le particelle si muovono parallelamente ad esso con moto rettilineo alternato. In altre parole la massa d’acqua tende a sollevarsi e a ruotare fino a ricadere su se stessa.

Se è vero che le onde rispondono tutte alle stesse leggi della fisica, come mai assumono tante forme diverse?
La diversità dei fondali è infatti la causa del manifestarsi di diverse tipologie di onde, che sono comunque classificabili in due grandi caratteristiche, quelle ripide oceaniche e i frangenti di spiaggia. A rendere così diverse tra loro queste due onde non è la considerevole differenza di lunghezza d’onda, bensì le barriere coralline chiamate anche Reef; è proprio l’urto improvviso contro questa barriera ad innalzare l’acqua in maniera così ripida, e a rendere le onde oceaniche così potenti.

L’onda comincia a frangere quando il fondale diventa pari all’altezza dell’onda stessa: più sarà brusco lo sbalzo di profondità, più i frangenti saranno ripidi e potenti.

INFO GENERALI SUL KITESURFING

Il Kite è tra gli sport acquatici più velocemente diffusi degli ultimi tempi; si pratica con un’ apposita tavola ed un aquilone (kite), manovrato mediante una barra di controllo collegata tramite quattro, o più linee.

Nell’ ottobre del 2008 il kitesurf viene ufficializzato da ISAF, il natante mosso dal vento più veloce del pianeta.

Per i principianti le condizioni ideali di vento per praticare il kitesurf sono comprese tra i 12 e i 24 Kts mentre i kiters più esperti riescono, con l’opportuna attrezzatura, a sfruttare venti compresi tra gli 8 ed oltre i 40 Kts!!

In condizioni di vento debole si usano aquiloni di dimensioni più grandi di quelli usati con vento forte. Con le condizioni ideali è possibile praticare lo sport in maniera sicura, planando semplicemente (freeriding), compiendo svariate evoluzioni o tricks (freestyle). È possibile usare il kite sia sulle onde (waveriding) che su acqua piatta (wakestyle).

Una caratteristica, oltre all’indiscussa praticità dell’attrezzatura, è la velocità con cui si può imparare a planare e in seguito a compiere evoluzioni.
Un buon corso di mediamente 15/16 ore fornisce le basi per un inizio della pratica sicura ed autonoma. Seguire un corso è ormai obbligatorio e assolutamente consigliato.

Il kitesurf infatti è uno sport definito estremo  benché i moderni materiali abbiano esteso la sicurezza, le insidie sono numerose, anche e soprattutto per chi e ciò che ci circonda.

Per minimizzare il pericolo occorre quindi frequentare un corso che illustri almeno i seguenti punti:

Teoria del volo, conoscenza dei venti
Uso di tutti i sistemi di sicurezza
Cenni di meteorologia
Decollo ed atterraggio

Ridecollo dell’ala
Bodydrag
Water-start

Molti Club, Circoli e concessioni chiedono di esibire una delle tessere attestanti le proprie capacità di conduzione di un kitesurf che vengono rilasciate al termine del corso.

In Italia esistono, esistono i circuiti  FSKI, IKO, IKU, FKI, FISW con numeri di affiliati modesti.
Chi manovra il kite (detto rider) se non correttamente “formato” ad effettuare prontamente le manovre di sicurezza può rappresentare un pericolo e creare danni a se ed chi lo circonda.

Per iniziare a praticare questo sport è necessaria la seguente attrezzatura:

Un aquilone (ala), completo di barra e linee;
Una tavola da kitesurf;
Un trapezio;
Attrezzatura di sicurezza (giubbotto protettivo o galleggiante, casco, coltellino per tagliare le linee);

PRESENTAZIONE DEI MATERIALI

KITE o ALA

Distinzione rispetto al numero dei cavi:

AQUILONE A DUE CAVI L’ala è fissata al boma tramite due cavi, ciò permette di agire solamente sulla sua direzione senza possibilità di picchiare o cabrare l’aquilone. Ne consegue una ridotta possibilità di scaricare la potenza di una raffica improvvisa. Sono generalmente impiegati nelle fasi di primo apprendimento anche se per il suddetto limite sono ultimamente poco utilizzati.

AQUILONE A QUATTRO CAVI L’ala è fissata alla barra di controllo tramite quattro cavi e dotata del sistema di depower,  ciò consente di gestire meglio la potenza dell’aquilone.

AQUILONE A CINQUE CAVI Tutti i nuovi kite vengono oggi forniti con quinta linea di serie e anche quelli di qualche anno più vecchi hanno comunque la predisposizione per volare con questa configurazione. Generalmente la quinta linea vera e propria è più lunga di una front-line dai 30 ai 60 cm. Il sistema della 5^ linea, fornisce un maggior de-power, una maggiore sicurezza e maggiore facilità di rilancio.

Distinzione rispetto al tipo di costruzione:

AQUILONI CASSONATI O FOIL Presentano una struttura a cassoni nei quali l’aria entra automaticamente da alcune finestre, la forma è simile a quella del parapendio, sono potenti e leggeri, ma lenti. Non sono consigliabili al principiante poiché quando l’ala cade in acqua è necessario farla ripartire al più presto, altrimenti, sgonfiandosi, l’acqua può penetrare nelle tasche d’aria, impedendo di rialzarla. Vi sono ora sul mercato alcuni modelli dotati di valvole che impediscono all’acqua di entrare nei cassoni.

AQUILONI GONFIABILI Dotati di camere d’aria, gonfiabili con una pompa, sono quelli più adatti ad un uso acquatico, infatti ripartono più agevolmente. Risultano facilmente visibili in caso di bisogno di soccorso e costituiscono un buon salvagente in caso di necessità. Le ali si differenziano per l’A.R. (Aspect Ratio), ovvero il  rapporto tra la larghezza e l’altezza di un kite. Le ali rivolte ai meno esperti hanno l’A.R. compreso fra 2.2 e 4. Un A.R. ridotto rende l’ala più semplice da usare, da settare e da rilanciare dall’acqua. Le ali con A.R. ridotto possono essere montate sia con due che con quattro cavi; le ali con A.R. elevato (da 5 in poi) vengono impiegate unicamente con quattro cavi, offrono prestazioni maggiori, ma sono indicate per il kiter esperto. Riguardo alla dimensione, alcune case produttrici riportano la misura della proiezione dell’ala, mentre altre riportano la sua superficie reale.

IL BOMA E’ la barra di comando mediante la quale possiamo imprimere i comandi all’ala. Ha una lunghezza che varia in funzione delle dimensioni dell’ala tra i 40 e i 70cm, e ricoperta con un grip morbido che ne favorisce la presa.

I CAVI

Collegano l’ala al boma, sono in Dyneema (per le linee) e in Spectra (prelinee) ed hanno un elevato carico di rottura (da 160 a 220 kg). I cavi sono collegati al boma mediante le prelinee, cime di spessore maggiore (4 – 5 mm) e di lunghezza variabile da 1 a 3 metri, che prevengono le abrasioni alle mani causate da contatti violenti con i cavi in Dyneema. La lunghezza dei cavi generalmente è di circa 27 mt., ma può variare da 15 mt fino a 30 mt. In condizioni di soprainvelatura, può essere utile ridurre la lunghezza dei cavi infatti a parità di ala cavo lungo=più potenza, cavo corto=più rapidità di risposta al comando.

LA TAVOLA

Le Tavola da kite può essere:

Bidirezionali: (o twin tip) molto maneggevoli di dimensioni contenute, adatte al  freestyle; si cambia direzione invertendo semplicemente la direzione dell’ala senza spostare i piedi. Alcune sono dotate di attacchi fissi derivati dal Wakeboard, una sorta di scarponi che tengono il piede ben saldo, usati da kiters molto esperti dotati di una grande padronanza dell’ala.

Direzionali: di derivazione windsurfistica, sono generalmente più voluminose delle tavole bidirezionali, hanno tre straps  e per cambiare direzione si esegue la strambata.

IL TRAPEZIO

Trapezio o Harness può essere tipo waist (a fascia), a seggiolino (oltre la fascia si aggancia anche alle gambe) oppure ibrido che può essere utilizzato sia come trapezio a fascia che come un trapezio a seduta. Ha un gancio  (spreader bar) che ne permette la connessione alla control bar. La sua funzione è quella di scaricare parte della trazione esercitata dal kite sul corpo del kiter invece che sulle sue braccia.

LA MUTA

La muta è un accessorio fondamentale per chi pratica il kitesurf. Passando molte ore in acqua anche d’estate il corpo perde liquidi e la temperatura corporea si abbassa e le prestazioni del kiter peggiorano. Anche d´estate è bene usare le mute in neoprene mentre si pratica il kitesurf magari anche se short. Utilizzare una muta per kitesurf é anche una questione di sicurezza in mare, perché protegge dai piccoli urti e dalle insidie nelle spiagge meno pulite.

Le mute possono essere:

  • Muta Stagna: essa non permette il passaggio dell´acqua
  • Muta Neoprene: lo spessore del neoprene incide sulla termicità della muta e sulla sua capacità di mantenere il calore corporeo. 

LE ANDATURE DI UN KITESURF

LE ANDATURE DI UN KITESURF

Prima di parlare delle andature, è opportuno imparare alcuni termini che ci saranno utili per identificare la posizione tra due o più oggetti rispetto alla direzione del vento:

sopravento (upwind): è tutto quello che viene colpito dal vento per primo rispetto ad un altro oggetto ed è quindi più vicino al punto di provenienza del vento.

sottovento (downwind): è tutto ciò che viene colpito dal vento dopo rispetto ad un altro oggetto ed è quindi più lontano rispetto alla provenienza del vento.

In tutti gli sport velici risulta sempre più semplice muoversi nella direzione del vento piuttosto che risalirlo. E’ però necessario sapersi muovere in tutte le direzioni e soprattutto riuscire a tornare al punto di partenza.

Per navigare in armonia e in sicurezza con il nostro kite dobbiamo essere dei bravi velisti, sfruttare al massimo il vento e riuscire a navigare in tutte le andature.

La prima andatura che ci troviamo ad affrontare, ed anche la più comune tra coloro che si apprestano ad effettuare i primi bordi, è il Lasco. La spinta verso prua della vela si fa importante e con vento sostenuto dobbiamo essere pronti a contrastarla: le catapulte avvengono al lasco! La velocità aumenta, ci troviamo infatti nell’andatura più veloce. Il Lasco è l’andatura intermedia tra il traverso e la poppa.

Il Traverso è l’andatura a 90° rispetto alla direzione del vento, e sarà l’obiettivo dei nostri primi bordi: in realtà scarrocceremo e non riusciremo a rientrare in spiaggia allo stesso punto dal quale siamo partiti. Lo scarroccio infatti è quel fenomeno che ci fa “derapare” sottovento rispetto alla traiettoria voluta, ed è dovuto al fatto che la forza di trazione del kite agisce lungo una direzione diversa da quella della nostra andatura. Solo con l’esperienza e adottando la giusta posizione sulla tavola e opponendo la pressione necessaria, riusciremo a limitare lo scarroccio.

L’andatura più importante e che ci rende davvero autonomi nella navigazione, in quanto ci permette di rientrare nel punto di partenza, è la Bolina, ovvero la capacità di risalire il vento. Con il kite, così come ogni mezzo a vela, è impossibile muoversi controvento, ma possiamo raggiungere un punto sopra vento bordeggiando, cioè alternando dei lati di bolina a destra e a sinistra, mantenendo un angolo con il vento di circa 45°. Quando passiamo da un lato all’altro, effettuiamo un cambio di direzione, o transizione.

Nell’andatura di Poppa ci si muove nella stessa direzione in cui soffia il vento. In realtà, nel kitesurf, non manteniamo mai una andatura di poppa, se non quando siamo con la vela ferma sulla nostra testa.Il boma va messo a 90° rispetto alla tavola per presentare al vento la massima superficie. E’ un’andatura molto lenta, nelle mani si avverte poca spinta perché cessa ogni funzione “aerodinanica” della vela. La posizione di poppa perfetta ed altamente instabile su tavole strette.

Altri termini che utilizzeremo spesso:
Poggiare vuol dire modificare la nostra direzione aumentando l’angolo rispetto al vento. Ad esempio si poggia per portarsi dalla direzione di traverso a quella di lasco.
Orzare significa stringere l’angolo verso il vento, ad esempio passando dal traverso alla bolina.
Si dice che navighiamo mure a dritta quando il kite è a destra, mure a sinistra quando il kite è a sinistra.

NORME DI PRECEDENZA NEL KITESURF

Le precedenze in acqua sono regolamentate dal N.I.P.A.M. (Norme Internazionali per Prevenire gli Abbordaggi in Mare, dove per abbordaggi si intendono le collisioni). Il N.I.P.A.M. stabilisce chi ha diritto di rotta e il comportamento che le imbarcazioni devono adottare in caso di incroci.

In pratica, ogni volta che le rotte di due imbarcazioni si incrociano, chi ha diritto di precedenza deve mantenere la propria andatura mentre l’altra imbarcazione esegue la manovra di disimpegno modificando la propria rotta. Comunque entrambi dovranno agire per evitare ogni possibilità di collisione.

Di seguito sono riportate le norme di precedenza generali valide tra tutti i tipi di imbarcazione. Ricordiamo che nel determinare il diritto di rotta il kitesurf è da considerarsi come una qualsiasi imbarcazione a vela.

Un ringraziamento speciale, per le delucidazioni e le immagini, a Mirco Babini e a CKI (Classe Kiteboarding Italia).

Precedenze Kitesurf – Norma N.1

Le barche a motore devono dare precedenza alle unità a vela; fanno eccezione i mezzi di pubblico servizio, imbarcazioni in avaria o in difficoltà di manovra o unità dedite alla pesca.

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Precedenze Kitesurf – Norma N.2

In caso di incroci tra unità a vela che procedono su mure diverse, chi naviga mura a sinistra deve lasciare libera la rotta a chi naviga mura a destra.

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Precedenze Kitesurf – Norma N.3

In caso di incroci tra unità a vela che procedono sulle stesse mura, chi si trova sopravento deve lasciare libera la rotta a chi si trova sottovento.

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Precedenze Kitesurf – Norma N.4

Tra unità a vela che navigano sulle stesse mura ma con velocità diverse, quella che sorpassa sopraggiungendo da dietro deve lasciare libera la rotta a quella più lenta.

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Precedenze Kitesurf – Norma N.5

In presenza di ostacoli bisogna tenersi discosti e dare possibilità ad eventuali altre unità presenti di manovrare liberamente per evitare a loro volta l’ostacolo.

 

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Precedenze Kitesurf – Norma N.6

Ci si deve tenere a debita distanza da campi di regata e di allenamento autorizzati, nonchè ad aree di accesso a porti, zone dedicate alla balneazione, scali e attracchi di mezzi di servizio pubblico.

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Precedenze Kitesurf – Norma N.7

Se due kitesurf, pur non avendo traiettorie coincidenti, navigano a distanze ravvicinate, quello che naviga sottovento deve tenere basso il kite, quello che naviga sopravento deve tenere alto il kite. Questa norma vale sia per kitesurf che navigano sulla stessa rotta che kitesurf che navigano su rotte differenti.

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Precedenze Kitesurf – Norma N.8

Il kitesurf che manovra, cambia mura, salta, procede con posture diverse da quelle di normale navigazione (blind, toe side), esegue loop o movimenti a otto del kite, perde il diritto di precedenza. Chi esegue queste manovre, deve tenersi a distanza di sicurezza da altre imbarcazioni/kitesurf.

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Precedenze Kitesurf – Norma N.9

In prossimità dei corridoi di lancio, i kitesurf che stanno navigando devono dare la precedenza a quelli che hanno fatto decollare il kite e che stanno entrando in acqua. Chi sta facendo decollare il kite in spiaggia, prima di lanciarlo, deve comunque accertarsi che il corridoio di lancio sia libero.

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Precedenze Kitesurf – Norma N.10

E’ vietato fare evoluzioni con kite, saltare, surfare l’onda nei corridoi di lancio. I corridoi di lancio devono essere utilizzati solo per raggiungere l’area di navigazione.

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Precedenze Kitesurf – Norma N.11

Le manovre di decollo e di atterraggio del kite devono essere effettuate con la massima prudenza, evitando di rimanere con il kite in volo più del tempo necessario. E’ assolutamente pericoloso e vietato fare evoluzioni con il kite in spiaggia.

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Precedenze Kitesurf – Norma N.12

Il kitesurf che sta surfando un’onda frangente ha diritto di precedenza, indipendentemente dalle mura. Se più kitesurf stanno surfando la stessa onda, ha precedenza chi si trova più vicino al punto in cui l’onda frange.

kitesurfing scuola corsi lezioni roma latina anzio precedenze_12

 

 

Federazione Italiana Vela

Riferimento del training program isaf 2013-­‐2016 per il kiteboard

AEREODINAMICA DI UN KITE

Testo e immagini a cura di Piercarlo Ricasoli

Parlare delle prestazioni di un kite evitando di prendere cantonate, richiede un minimo di conoscenza dei concetti aerodinamici che ne governano il volo. In questo ambito, infatti, il senso pratico può trarre in inganno conducendo a valutazioni e conclusioni errate. Cerchiamo quindi di spiegare in modo semplice, con un occhio sempre puntato all’aspetto pratico, alcuni complessi principi aerodinamici che sono alla base del funzionamento dei kite.

Penso di parlare a nome di tutti quando dico che la matematica e la fisica, a vari livelli, ci hanno fatto tribolare o spesso sono risultate incomprensibili. Di certo non avremmo mai pensato, io per primo a un passo dalla laurea in ingegneria meccanica, che alcune equazioni matematiche e pochi principi fisici potessero generare tanto divertimento, passione e addirittura dar vita ad un intero mondo: il kitesurf. Ebbene si, kiterwomen e kitermen, dopo un doveroso grazie ai fratelli Legaignoux, senza i quali la fisica sarebbe rimasta su carta e non a 27 metri dalla nostra tavola che sfreccia sul mare, viene spontaneo chiedersi: da dove viene la forza che spinge il kite e quale meccanismo la genera? Il vento è l’attore protagonista, non v’è dubbio, e il principio di funzionamento del kite, come si usa spesso dire, è lo stesso di un’ala d’aereo. Bene! Siamo a buon punto! Ora vediamo da vicino cosa succede quando un kite è in volo, investito dal vento, ma semplifichiamo i concetti considerando una sezione dell’ala, ottenuta effettuando un taglio parallelo ai bladder (figura), ad esempio al centro del kite. Effettuando il taglio in altri punti i ragionamenti e le conclusioni che seguono valgono lo stesso, ma cambia la forma della sezione e le corrispondenti forze in gioco. Prima di tutto fissiamo alcuni termini utili, aiutandoci con una figura esplicativa (figura 1).

La corda (Chord Line) è il segmento che congiunge il punto più esterno della leading edge con il bordo d’uscita del vento, detto trailing edge. L’angolo di incidenza o di attacco (Angle Of Attack), formato dalla corda con una linea orizzontale, misura l’inclinazione del kite rispetto alla direzione del vento ed è un fattore che, come sappiamo, influisce sulla potenza erogata dall’ala.

Il profilo del kite è, ai fini aerodinamici, formato dalla leading edge e dal canopy (il tessuto che ricopre la struttura gonfiabile) ma in volo si comporta come se fosse pieno, cioè l’aria scorre come si verifica intorno ad un profilo alare, ossia la sezione di un’ala d’aereo.

Quando il kite è in volo, il vento agisce con forze di pressione distribuite in ogni punto della superficie del kite, naturalmente con intensità diversa nei vari punti dell’ala. Per semplificare un discorso che in realtà è piuttosto complesso, e dato che a noi kiter interessa capire l’aspetto pratico di questi fenomeni, studiamo per ora solo l’effetto ottenuto sommando tutte queste forze di pressione, consideriamo cioè un’unica forza agente sulla sezione, detta forza risultante e applicata in un punto particolare detto centro di pressione (CP). A questo punto, però, chi di noi per parlare delle prestazioni di un’ala, ha mai detto “ho comprato questo kite perchè ha un sacco di forza risultante”? Credo nessuno, neanche i più tecnici. Per questo motivo dividiamo la forza risultante in due forze che hanno un significato importante per noi kiter, e i cui nomi sono conosciuti da tutti: il famoso lift o portanza aerodinamica, è la forza a 90° rispetto alla direzione del vento, e il drag o resistenza aerodinamica, parallela alla direzione del vento (figura 2).


Figura 2

Il Lift non è solo la forza che ci fa saltare, che porta in aria quando carichiamo l’ala allo zenith, ma anche la trazione che utilizziamo per planare o effettuare manovre quando l’ala è in potenza.

Possiamo pensare al lift come ad una forza sempre parallela alla direzione dei cavi.

Nelle considerazioni seguenti utilizzeremo le parole lift, forza trainante e portanza aerodinamica per indicare indifferentemente la forza sviluppata dal kite. Il Drag, invece, è la resistenza opposta dall’aria al movimento del kite, argomento che affronteremo in modo approfondito nel prossimo appuntamento.

Come viene prodotto il lift? Il flusso d’aria incontra il kite si divide in due (figura 3): una parte scorre sopra al profilo, l’altra scorre sotto e i due flussi si incontrano dopo il bordo d’uscita (trailing edge).


Figura 3

Le leggi aerodinamiche affermano che l’aria che scorre sopra ad un profilo alare, quindi al kite, è più veloce di quella che scorre sotto, inoltre la legge del Signor Bernoulli, matematico svizzero, dice che nei fluidi in moto maggiore è la velocità, minore è la pressione. Si può concludere, quindi, che nella parte superiore del profilo del kite l’aria ha grande velocità ma bassa pressione, viceversa nella parte inferiore dell’ala, dove l’aria è più lenta, la pressione è maggiore. In virtù di questa differenza di pressione tra parte superiore ed inferiore di un’ala, nella zona inferiore il profilo viene spinto, mentre nella zona superiore viene in un certo senso “risucchiato” e si genera così il tiro del kite, la portanza aerodinamica chiamata lift.

Come avere una prova pratica di questo fenomeno? Basta fare l‘esperienza del cucchiaio.

Occorrente: 1 cucchiaio, 1 rubinetto con acqua corrente, 2 dita. Afferrate il cucchiaio ad una estremità ed avvicinatevi lentamente al rubinetto in modo che l’acqua scorra solo sul dorso del cucchiaio stesso (fase 1). Il senso pratico suggerisce che l’acqua, colpendo il cucchiaio, lo respinga, invece mentre accostate il cucchiaio al getto sentite e osservate come il cucchiaio venga spinto verso l’acqua stessa (fase 2).

La spiegazione? Sul dorso del cucchiaio scorre un fluido, l’acqua, più veloce dell’aria ferma dalla parte opposta quindi, per la legge di Bernoulli, si crea una differenza di pressione che spinge il cucchiaio verso il getto d’acqua. Provate per credere! Questa esperienza dimostra anche che il kite non funziona come una busta di plastica gonfiata dal vento, cioè non tira perché il vento viene imprigionato dalla sua superficie, e spinge su di essa. Il kite eroga potenza perché l’aria, circolando con velocità diverse intorno al suo profilo, produce una differenza di pressione, quindi una spinta che costituisce la forza trainante.

Abbiamo detto che il lift di un kite è prodotto dall’effetto complessivo delle pressioni agenti sul profilo dell’ala. Approfondiamo un po’ il discorso chiedendoci: come sono distribuite queste pressioni sulla superficie di un kite? In quali punti la pressione è maggiore? Rispondiamo a questi interrogativi con il metodo che abbiamo utilizzato finora, al crocevia tra teoria, pratica ed intuizione.

In figura 4 è mostrata una possibile distribuzione delle pressioni intorno ad un profilo alare.


Figura 4

La lunghezza delle frecce indica l’intensità della pressione nel punto corrispondente della superficie: maggiore è la lunghezza della freccia, maggiore è la pressione nel punto corrispondente, e viceversa. Si osserva inoltre, come anticipato, che la pressione in alcuni punti è alta cioè maggiore di quella atmosferica (zone rosse), quindi spinge sul profilo, mentre in altri punti è bassa, minore della pressione atmosferica (zone arancione), ne consegue che il profilo viene in un certo senso “risucchiato”. La pressione ha valore variabile lungo la superficie del profilo, ma la zona che fornisce un contributo fondamentale alla portanza aerodinamica è, come mostrato anche nelle immagini successive, la porzione del profilo superiore più vicina alla leading edge. La distribuzione della pressione sul kite permette di capire quali zone sono maggiormente sollecitate e scegliere, per esempio, un diverso materiale e una differente modalità costruttiva per ciascuna di esse (ad esempio la geometria dei pannelli del canopy).

A questo punto è naturale chiedersi: come variano le pressioni al variare della geometria del profilo del kite e dell’angolo di attacco? Aiutandoci con un software di analisi dei profili alari possiamo visualizzare la distribuzione di pressione intorno a sezioni di forma diversa ma con stesso angolo d’attacco rispetto al flusso d’aria che li investe (figura 5). Nei diversi casi cambiano logicamente le forze che agiscono sul profilo.


Figura 5

Nella figura 6, è visualizzato un esempio di come varia la distribuzione di pressione al variare dell’angolo di incidenza, lasciando inalterata la forma. Teniamo presente che uno dei parametri di progetto di un kite è proprio l’angolo d’attacco. In realtà il kite deve poter performare in un certo range di valori dell’AOA, ma tra essi ne esiste uno per cui l’ala ha la massima potenza. L’AOA, quindi, non ha a che fare solo con la capacità di depotenziamento di un kite, ma fa capire una volta per tutte quanto sia importante mantenere il trim di serie di un’ala, affinché essa possa volare al giusto angolo di attacco ed esprimere tutto il suo potenziale. Troppo spesso, infatti, l’efficienza dei kite viene compromessa da modifiche arbitrarie effettuate soprattutto sulle back lines e sul depower. La parola d’ordine allora è: “non cambiamo il trim dell’ala!” a meno che non sia l’azienda produttrice a comunicare eventuali modifiche.


Figura 6

Nonostante tutte le valutazioni fatte finora siano state semplificate a favore della comprensione dei concetti, non dobbiamo dimenticare che: la forma del profilo varia da sezione a sezione lungo tutto il kite. La superficie del kite non è rigida come un’ala d’aereo ma fatta di tessuto, quindi la forma può cambiare allontanandosi da quella di progetto, con conseguente diminuzione del rendimento del kite, cioè della forza di trazione da esso sviluppata. Per questo motivo tanti sforzi sono dedicati ad irrigidire la struttura dei kite, soprattutto nelle zone chiave, mantenendone la leggerezza.

In questa chiacchierata tecnica sull’aerodinamica dei kite, abbiamo introdotto le forze che agiscono su un profilo alare, quindi sulla superficie di un kite, in particolare il lift. Oltre a chiarirne il meccanismo generatore e collegarlo con la distribuzione di pressione sul profilo, abbiamo visto come il valore della portanza dipenda da due fattori chiave, quali la forma della sezione e l’angolo di incidenza dell’ala con il flusso d’aria. Dalle considerazioni fatte emerge tra tutte un’osservazione: confrontare le prestazioni offerte dalle ali solo in base all’area proiettata o superficie utile è una pratica tanto diffusa quanto superficiale. È vero, infatti, che le forze aerodinamiche, tra cui il lift, crescono all’aumentare della superficie proiettata del kite, ma si possono avere due kite con uguale area proiettata e prestazioni completamente diverse semplicemente perché costruiti con profili diversi e progettati per volare con diverso angolo di incidenza. Addirittura, e non c’è da stupirsi, potremmo trovare un kite più potente di un altro con maggiore area proiettata, soltanto perché ha un profilo più efficiente dal punto di vista aerodinamico. Per rendere l’idea di quanto venga sopravvalutato il valore dell’area proiettata, basti pensare che avere tanti metri quadrati di superficie utile senza adottare per essa un profilo aerodinamico efficiente e un opportuno angolo d’attacco, equivale ad avere una kite grande che tira poco, in definitiva un attrezzo inutile.

I vantaggi che si ottengono con una soluzione, inoltre, devono essere confrontati con problemi di resistenza aerodinamica (drag), rigidezza e peso dell’ala, e velocità di rotazione del kite. I parametri che influiscono sulle prestazioni dei kite sono molti, e la maggior parte sfuggono ai nostri sensi, quindi oltre all’area proiettata, ricordiamo che ce ne sono tanti e tanti altri, non meno e forse più importanti.