Kitesurf a Dakhla tra le dune del deserto!
Dakhla, Marocco, Sahara Occidentale, scopriamo insieme a Lorenzo questo paradiso tra le dune del deserto.
“Maggio è il mese giusto per iniziare a scegliere la meta per le proprie vacanze estive, pertanto è anche il periodo migliore per dare consigli a chi viaggia inseguendo il vento con la propria attrezzatura sportiva. Se, ad esempio, siete alla ricerca di un posto dove fare un vera full-immersion di kitesurf, senza pensare ad altro, Dakhla è quello che fa per voi.
Premesso che a nessuno dovrà venire in mente di andare a Dakhla in compagnia di persone che non amano gli sport con la tavola o che pensano di stare in spiaggia sotto l’ombrellone, vi dico subito che anche voi dovrete procurarvi una buona dose di spirito di adattamento. Il vento e le maree, infatti, v’impediranno di stare sdraiati a riva a guardare gli altri mentre vi riposate.
Dakhla si trova in una regione del Nordafrica sotto occupazione marocchina. Ex colonia spagnola con il nome di Villa Cisneros (riferimento mantenuto nel codice aeroportuale “VIL”), il territorio è conteso tra Marocco e Fronte Polisario, un’organizzazione politica di stampo militare che ne ha dichiarato l’indipendenza proclamando la Repubblica Democratica Araba Sahraui. Il consiglio che mi sento di darvi è quello di non entrare mai nella questione con la popolazione locale, cercando di assecondare sia chi ritiene Dakhla una città marocchina, sia chi la ritiene una città sahariana. Sebbene nessuno Stato abbia riconosciuto formalmente l’annessione del Sahara Occidentale da parte del Marocco, vedrete vessilli marocchini un po’ ovunque, esibiti con orgoglio, quasi a voler marcare il territorio.
Lo spot è una piccola laguna all’interno di una baia più grande, riparata dal mare aperto da una sottile lingua di terra dove si trova l’aeroporto e la città di Dakhla vera e propria. Inutile dire che la geografia del luogo rende l’atterraggio dell’aereo molto suggestivo. Guardando la mappa dall’alto, la prima impressione che avrete è quella di poter fare grandi bordi da un estremo all’altro della laguna. In realtà scoprirete che lo specchio d’acqua è molto più vasto di quanto possiate immaginare e solamente nella parte iniziale è possibile vedere l’altra sponda.
Una volta a Dakhla, avrete modo di capire che i controlli per “i turisti fai-da-te” non finiscono mai. Sulla strada che dall’aeroporto arriva fino allo spot per il kitesurf, se non avete accompagnatori riconosciuti, dovrete oltrepassare diversi posti di blocco. Tre le domande di routine che vi faranno i militari, a cui avete già risposto nei moduli della dogana e in quelli degli eventuali alberghi dove vi siete fermati (se riuscite fatevene fare diverse fotocopie una volta compilati): “Da dove vieni”, “Perché sei in Marocco/Western Sahara”, “Quale è la tua professione”. Qualora, all’ultima di queste domande, rispondiate: “giornalista”, vi attende la suspence di un controllo prolungato con richiesta del nome della testata per cui lavorate e dell’indirizzo della sede della redazione.
Per raggiungere la laguna, ma soprattutto per fare escursioni tra le dune, è INDISPENSABILE un 4×4 e una persona del posto (attenti alle false guide) che sappia dove andare. Vi assicuro che da soli sarà impossibile orientarvi quando non vedrete che deserto per 360 gradi. Le dune poi, si assomigliano tutte e si fa fatica a prenderle come punto di riferimento. Marocchini e sahariani parlano generalmente un ottimo francese, ma non si può dire la stessa cosa del loro inglese. In qualche caso dovrete accontentarvi del caro, vecchio sistema dei gesti.
Il primo assaggio di vento del deserto lo avrete lungo la strada che costeggia la baia. Le tempeste di sabbia sono all’ordine del giorno tanto che le strade asfaltate fanno fatica a rimanere scoperte e la visibilità è spesso compromessa.
C’è da dire che se scegliete di alloggiare in uno dei due centri windsurf ai piedi delle dune che diradano sul mare, tutti questi aspetti logistici verranno risolti dai servizi offerti dal centro stesso. Non dovrete pertanto preoccuparvi dell’affitto del fuoristrada, del transfer dall’aeroporto e nemmeno della ricerca di una guida esperta, dovrete soltanto…pagare!
L’alternativa sono gli accampamenti di fortuna e custoditi dai sahariani, molto economici, ma anche abbastanza scomodi per via della relativa distanza dal mare e della totale assenza di servizi.
I due centri sono invece attrezzati con sistemazioni che vanno dalla tenda/camerata fino ai bungalow in muratura con tanto di servizi igienici. Partendo dall’interno della baia, la prima struttura che s’incontra è l’Ocean Vagabond, che è quella dove ho alloggiato io. Se non fosse per il forte odore di fogna dovuto all’utilizzo dell’acqua recuperata dagli scarichi dei bungalow per l’irrigazione, il piccolo villaggio/accampamento sarebbe davvero un paradiso. Lo dico per dovere di cronaca, poiché comprendo bene che nel deserto non ci si possa permettere spreco di alcun genere (anche nei bagni troverete diversi cartelli che vi invitano a fare un utilizzo parsimonioso del bene più prezioso presente in questi territori).
L’altro centro si chiama Dakhla Attitude ed è indubbiamente più spartano, ma permette di risparmiare molto sull’alloggio grazie alla sistemazione in tende comuni. Si può andare da uno spot all’altro sia via terra, a piedi, percorrendo un altopiano di sabbia (o anche camminando sulla riva), sia via mare con il kitesurf. La sensazione è che il Dakhla Attitude sia leggermente più affollato dell’Ocean Vagabond nonostante quest’ultimo sia limitato lateralmente dalla fine della laguna. Entrambi i posti obbligano chi ha l’attrezzatura al seguito al pagamento del servizio di rimessaggio che non è proprio economico, ma ha il vantaggio di consentirvi di lasciare armate le vostre vele (anche più di una) tutti i giorni, in maniera tale che l’ingresso e l’uscita dall’acqua diventi davvero rilassante. Tanto più che è a vostra disposizione un compressore per il gonfiaggio delle vostre ali.
In ogni caso, il mio consiglio è quello di godervi le vostre surfate all’interno della laguna per la maggior parte dei giorni di permanenza. Prima di andare via, però dovrete necessariamente fare una visita alla duna bianca e all’isola del dragone. Si tratta di riempirvi gli occhi e il cuore di un paesaggio fiabesco, di quelli che non troverete mai in nessun altro posto al mondo. Alla duna bianca il vento supera facilmente i 40 nodi, quindi occorre regolarsi con l’attrezzatura (io ero in acqua con una 7mq e sono un peso massimo). L’isola del dragone invece è proprio davanti al Dakhla Attitude e si raggiunge con pochissimi downwind. Affidatevi all’organizzazione dello staff ed eviterete imprevisti.
Per quanto riguarda l’attrezzatura da portare, vi dico che in 15 giorni di permanenza, non c’è stato nemmeno un giorno di vento sotto i 16 nodi. La mia stazza mi ha indotto nell’errore di portarmi dietro attrezzatura davvero troppo grande (12, 14 e 16 mq) mentre invece, grazie alla mia degna compagnia, ho potuto fare kite utilizzando sempre e solo vele non più grandi di 10 mq. Ecco, cercate di non fare il mio stesso errore, specialmente se avete intenzione di partire da soli.
Il clima del deserto è davvero estremo: temperature altissime di giorno, vento che solleva la finissima sabbia delle dune per fare da mitragliatrice sulle parti scoperte del vostro corpo, escursione termica pazzesca la notte (il vento non smette ovviamente) che giustifica alla grande la presenza della doppia coperta dei letti. Insomma, dovete venire preparati e soprattutto attrezzati: (creme solari, anti zanzare, occhiali da sole a mascherina).
Attenzione inoltre al cibo. Non dovete per nessun motivo bere acqua non in bottiglia. Per avere un’idea del livello delle condizioni igieniche nel Sahara vi può bastare fare un giro al mercato cittadino di Dakhla. Il pavimento dove camminate, ad esempio, è lo stesso dove viene accatastato il pane o il pesce appena pescato. Paradossalmente dovete sperare che a nessuno venga in mente di fare pulizia, perché lì ormai sapete da dove proviene l’acqua che non bevete…
Solo per farvi avere un’idea di come le precauzioni non siano mai troppe vi dico che, sulla totalità delle persone che alloggiavano all’Ocean Vagabond, la metà ha passato almeno tre giornate in preda a violente coliti addominali. Per fortuna a me e ai miei amici è capitato gli ultimi giorni prima della partenza.
Altra nota dolente è stata purtroppo la constatazione che la popolazione locale, e sto parlando proprio dei sahariani, non dei turisti che si sono trasferiti là, non ha alcun tipo di coscienza ecologica. E’ vero che in questa parte del mondo il benessere non è ancora ai livelli europei e quindi l’ecologia viene vista come un “lusso” che in pochi possono permettersi, ma vedere un mare di resti di taniche per la benzina sparsi tra le dune è alquanto deprimente.
Uno degli ultimi giorni della mia permanenza (prima ancora dell’intossicazione alimentare) io e i miei amici abbiamo organizzato una spedizione verso il mare aperto nella speranza di poter fare un po’ di surf sulle onde oceaniche: la peggiore esperienza di tutta la vacanza. A parte la delusione per aver trovato onde poco migliori di quelle italiane, ho potuto constatare che il degrado ambientale causato dall’uomo non risparmia nemmeno le aree desertiche del pianeta. Il rifiuto principale è la tanica di plastica. Contenitore preziosissimo da quelle parti per il trasporto del carburante, dell’acqua, dell’olio e di altre materie prime. La plastica però, esposta a forti escursioni termiche, tende a spaccarsi ed ecco che viene abbandonata così com’è: in mille pezzi sulla sabbia.
A Dakhla tornerei volentieri a fare kite, ma come località turistica ha poco da offrire oltre all’esperienza del deserto. Nel cuore mi rimarrà il fascino dell’incontro inaspettato con un vero e proprio abitante del Sahara. Ancora non riesco a concepire come possa aver intrattenuto una conversazione con questo moderno beduino, vestito di stracci logori, con una tenda come abitazione e una radiolina come unico contatto con il mondo, sulla crisi economico finanziaria globale.
Sapeva della situazione greca, di quella italiana di quella spagnola e, udite udite…del differenziale tra i titoli di stato tedeschi e quelli degli altri paesi dell’area euro (spread). Praticamente stava tenendo una lezione di “alta finanza” in pieno deserto. Non ricordo il suo nome, ma solamente il fatto che ci aveva visto camminare in lontananza sull’altopiano di sabbia sopra la laguna e ci aveva raggiunto…solo per scambiare due parole. Quel giorno ho scoperto che il deserto non è “disabitato”.”
Di Lorenzo G.
www.outdoorblog.it